A chi dici vino il pensiero va ad un vigneto e ad una cantina, a chi dici birra, invece, va ad una fabbrica.
Non c’è niente di più sbagliato. Non c’è infatti niente di più agricolo della birra. Da indagini fatte la quasi totalità degli intervistati alla domanda “cos’è il malto” ha risposto che si trattava di un prodotto proveniente da un processo industriale. Mentre l’essere umano dimostra la sua ignoranza, il chicco di orzo dimostra di essere più intelligente.
L’uomo si fa bello prima ancora di avere le “radici”; il chicco, dopo seminato, prima di esibirsi con il germoglio mette la radice: sa che se fa il contrario morirebbe per l’impossibilità di attingere nutrienti dal terreno.
E’ nel momento in cui il chicco mette la radichetta che l’amido in esso contenuto si trasforma in zucchero: il maltosio.
Quel chicco tolto dalla terra ed essiccato è malto. Il suo aspetto esterno non è cambiato. Nelle malterie, poi, si fa radicare l’orzo in vasconi con la presenza di forte umidità. Il malto viene frantumato e messo a cuocere nell’acqua con l’aggiunta di un amaricante come il luppolo, altro prodotto naturalissimo che si trova spesso come pianta a crescita spontanea nei nostri fossi. Il mosto così ottenuto ad opera dei lieviti, come per il vino, fermenterà trasformando lo zucchero in alcol.
Ed ecco la birra con i profumi e gli aromi del cereale maltato. Nel produrre birra, esclusa l’acqua, il malto rappresenta il 98% della materia prima. Il chicco di orzo si è accasato nella bottiglia.